Emergere nel glorioso Dio
Noi umani sentiamo il bisogno di emergere, di farci notare, di metterci in evidenza. Lo dimostrano i tantissimi video ormai che girano su internet. Un bisogno sfrenato di mostrarsi, tanto che i cinesi sono stati ispirati nel creare un social fatto di video flash.
Emergere oggi è diventato un divertimento, ma soprattutto un bisogno. Eh si, perché i social ci hanno resi soli, ci fanno vivere nella solitudine più fitta, perché essi ci isolano ma non solo; i social hanno sempre più creato un mondo dove tutti mostrano se stessi, anche il loro privato.
Bisogno di emergere
Il bisogno di emergere nasce principalmente dal desiderio di notorietà, per avere momenti di gloria, quelli a cui un vero cristiano dovrebbe stare alla larga. I santi si nascondevano e più cercavano di rimanere anonimi, più Dio li arricchiva dei suoi doni e li metteva in evidenza.
Padre Pio e le stigmate
Prendiamo un caso lampante; padre Pio da Pietrelcina. Per cinquant’anni ha portato sul suo corpo le stigmate, e per questo era al centro del mondo. Ma il santo frate già in precedenza aveva avuto questo dono se così vogliamo chiamarlo, da Dio, solo che l’umile fraticello pregò tanto il Signore affinché togliesse da lui quei segni visibili.
La sua preghiera fu talmente bella e umilissima che Dio lo ascoltò per un periodo di tempo. San Pio infatti disse: “non ti chiedo di togliermi il dolore delle piaghe ma solo i segni, fa che siano invisibili agli occhi umani”. Padre Pio voleva solo emergere in Dio e temeva profondamente l’esaltazione e la vanagloria che gli uomini potevano procurare.
Maria emerge in Dio
Ogni uomo è un progetto divino, presente nella mente di Dio da tutta l’eternità; di fatto, però, egli comincia a esistere nel tempo. Maria appare una creatura del tutto eccezionale, poiché di Lei si parla già nelle pagine dell’Antico Testamento.
Nelle promesse veterotestamentarie, assieme alla figura del Redentore, appare sempre, in modo più o meno esplicito, anche una «Donna», sua madre. Recita il primo libro della Scrittura:
«Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno»
(Gn 3,15).
Non si direbbe, continuando a leggere le Scritture, che la vittoria promessa da Dio si manifesti in modo convincente. Invece, fra le rovine materiali e spirituali Dio, per mezzo dei profeti, continua a tenere viva nel popolo la speranza messianica che si realizzerà con il concorso della «Donna» promessa.
Sempre nelle profezie che parlano del Messia, si accenna a una donna unita a lui non in modo giustapposto ma inscindibile:
«Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emanuele».
(Is 7,14).
E’ un testo che orienta verso un lontano punto d’arrivo e che serve a tenere viva una speranza in un momento particolarmente difficile per il popolo d’Israele. L’oracolo d’Isaia raggiunge il suo pieno splendore quando la fede cristiana, alla scuola dell’evangelista Matteo, ne vede il compimento nella maternità verginale di Maria.
Persone umili
Si può quindi emergere solo in Dio e per poterlo fare bisogna essere umili. Dio quindi scegli i piccoli, i puri, i semplici. Come abbiamo letto nei testi sopra citati, Dio realizza grandi cose in queste creature meravigliose. Coloro invece che vogliono emergere in un mondo fatto di pochezze e mondanità, non potranno mai emergere nelle cose di Dio.
Un’opera meravigliosa
Molti conoscono «La Pietà», il capolavoro di Michelangelo che troneggia nella prima cappella a destra, nella basilica di San Pietro a Roma. Immaginiamo, per assurdo, che l’operaio che ha estratto quel blocco di marmo dalle cave di Carrara, avesse avuto la presunzione di lavorarlo lui stesso per farne una statua; il risultato finale, anziché divenire «La Pietà», avrebbe semplicemente «fatto pietà».
Dio ed il popolo
Una lieta notizia pervade l’Antico Testamento. Gli ebrei erano un «blocco» informe, invischiato nella cava della schiavitù egiziana. Dio desidera allearsi con questo gruppo di schiavi per farne un popolo capolavoro, che s’innalzi agli occhi delle genti pagane. Sembrerebbe impossibile, eppure Israele ha ripetutamente rifiutato la proposta di Dio; dopo alcuni anni di rapporto idealistico con il Signore, ha tentato di costruirsi la propria storia in modo autonomo.
Gli Israeliti non hanno voluto accettare Jahvè come re; hanno preferito eleggersene uno scelto fra gli uomini. Hanno smesso di porre la fiducia nel Signore, dal momento in cui Gerusalemme appare come capitale potente e fortificata. Il tempio diviene la reggia fredda e anonima di Dio, dove lo hanno relegato e gli offrono sacrifici propiziatori, per non ascoltare più la sua voce nelle vicende personali, sociali, politiche quotidiane.
Una presunzione del genere la nutriamo anche noi quando pretendiamo di toglierci dalle mani di Dio, artista insuperato e insuperabile, per plasmarci secondo i nostri progetti e realizzarci con le sole forze umane. Il rischio è forte, poiché il peccato originale ha portato nella nostra vita un forte squilibrio che ci spinge a scimmiottare Dio, anziché lasciarci forgiare da Lui come capolavoro per il regno.
Riflettiamo
Siamo in grado di realizzarci da soli come opera degna dell’eternità? Oppure corriamo il rischio di fare di noi stessi uno sgorbio, meritevole d’essere gettati nei rifiuti? Chi parlerebbe oggi di Maria di Nazaret se, nella sua libertà, avesse anteposto il suo progetto a quello di Dio? La Vergine è immagine e segno di quello che Dio è capace di operare in noi se non ci opporremo al suo progetto di artista ma collaboreremo con Lui, per emeregere in Lui.