Mamma coraggio al funerale del figlio suicida
Mamma coraggio: “Là fuori qualcuno vuole farvi credere che fumare una canna sia normale”
Straordinarie e commoventi le parole di mamma coraggio (mi piace definirla così) pronunciate in occasione del funerale del figlio Giovanni, suicida a 16 anni davanti ai genitori e ai funzionari della Guardia di Finanza (ne abbiamo parlato ieri nell’articolo Suicidio giovanile la strage silenziosa).
«La domanda che risuona dentro di noi e immagino dentro molti di voi è “perché?”. Perché è successo? Perché a lui? Perché adesso? Perché in questo modo? Arrovellandoci sul perché ci siamo resi conto che non facevamo altro che alimentare uno stato d’animo legato alla sua morte. Senza possibilità di una via d’uscita.
Allora abbiamo capito che forse la domanda da porsi in questa situazione è piuttosto “come”. Come possiamo fare per aiutare noi e gli altri a trasformare questa perdita straziante in una nuova, seppur dolorosa, ripartenza. Oggi pomeriggio vorremmo condividere con voi il nostro “come”.
Mamma coraggio ai ragazzi
Innanzitutto questo messaggio è per voi ragazzi, che state piangendo la scomparsa di Giò insieme a noi. In ognuno di voi sono presenti dei talenti che vi rendono unici e irripetibili. E avete il dovere di farli emergere e di svilupparli. Là fuori invece c’è qualcuno che vuole soffocarli, facendovi credere che sia normale fumare una canna, normale farlo fino a sballarsi, normale andare sempre oltre.
Diventate piuttosto i veri protagonisti della vostra vita e cercate la straordinarietà. Straordinario è mettere giù il cellulare e parlarvi occhi negli occhi, invece che mandarvi faccine su whatsapp. Straordinario è avere il coraggio di dire a una ragazza “sei bella”, invece di nascondersi dietro le domande preconfezionate di Ask. Straordinario è chiedere aiuto proprio quando sembra che non ci sia via d’uscita. Straordinario è avere il coraggio di dire ciò che sapete. Per Giò è troppo tardi, ma potrebbe non esserlo per molti di voi. Fatelo.
Mamma coraggio ai genitori
A noi genitori invece il compito di capire che la sfida educativa non si vince da soli, nell’intimità delle nostre famiglie, soprattutto quando questa diventa connivenza per difendere una facciata. Facciamo rete e aiutiamoci tra noi. Non c’è vergogna se non nel silenzio. Uniamoci.
Mamma coraggio alla Guardia di Finanza
Un pensiero particolare va alla Guardia di Finanza. Grazie per aver ascoltato l’urlo di disperazione di una madre che non poteva accettare di vedere suo figlio perdersi e ha provato con ogni mezzo di combattere la guerra contro la dipendenza, prima che fosse troppo tardi. Non c’è colpa né giudizio nell’imponderabile. E dall’imponderabile non può che scaturire linfa nuova e ancora più energia per la lotta contro il male. Proseguite!
Mamma coraggio al figlio suicida
E le mie ultime parole sono per te, figlio mio. Perdonami di non essere riuscita a colmare quel vuoto che ti portavi dentro da lontano. Voglio immaginare che ad accoglierti lassù ci sia la tua prima mamma e come in una staffetta passarle nuovamente il testimone, affinché il tuo cuore possa essere colmato in un abbraccio che ti riempia d’amore. Fa’ buon viaggio piccolino!».
Anche il padre, parlando con amici, ha rilasciato alcune dichiarazioni: “Non sono stato un buon padre. Forse non sono riuscito a capire mio figlio. Spero che questa tragedia serva perché non ne accadano delle altre. Ho detto all’allenatore della squadra che dica ai ragazzi come lui stesso, il parroco, noi genitori siamo sempre tutti pronti a capirli e a consigliarli, devono sentire quanto amore c’è intorno a loro”.
Gli attacchi del web
Non siamo certo qui per indagare da dove nasca il malessere di Giovanni (ricordiamo: adottato quando aveva solo 1 anno), né se ci siano colpe dei genitori, della Guardia di Finanza o di chi gli stava vicino. Non tocca a noi. Di fronte al dolore incolmabile dei due genitori, ammiro la forza di questa mamma coraggio, la forza e la lucidità con cui ha spronato i ragazzi a non cadere nella trappola maledetta della droga.
E rimango allibito davanti agli attacchi sui social che questa mamma sta subendo: “fumare una canna è stramaledettamente normale”; “farsi una canna è come bere tre bicchieri di vino. Di per sé non è nè un bene nè un male”; “questa madre è da ricovero immediato”; “una madre così davvero non la comprendo”; “povero ragazzino, è stato vittima dell’ignoranza e del fanatismo vendicativo di questa donna”; “certa gente va sterilizzata”…
Ricordo con tristezza e dolore la figura di un mio vecchio amico e compagno di classe del liceo. Veniva in classe con qualche grammo di hashish, le cartine e il tabacco per preparare le canne. Ci diceva di provare, che tanto non faceva nulla, che dopo si stava bene, che non creava dipendenza. Dopo la maturità lo persi di vista. Seppi poi che non riuscì a liberarsi della trappola mortale. Divenne spacciatore, tentò di uccidere a coltellate i genitori in un momento di follia e, finito in carcere, lo trovarono una mattina impiccato nella sua cella.
Giovanni