Gender e ginecofobia: sono le donne ad essere discriminate
Riporto un articolo interessante di Sabino Sabini, suddiviso in cinque puntate; perché possa aiutarci a rimanere informati. E a non sottovalutare l’influenza e la pericolosità di certe teorie. Teorie che, in maniera a volte subdola e a volte evidente, ma con effetti devastanti, continuano ad espandersi. E ad attecchire il modo di pensare, di educare e di vivere dell’uomo.
di Sabino Sabini
(prima parte)
Oggi si nega che esista una “teoria del gender”. E si afferma che l’unica cosa che si vuole è il riconoscimento dei diritti di quanti sono discriminati.
Ma, lasciando da parte le etichette, se andiamo alla sostanza delle cose, troviamo che i diritti che si presumono violati e che si vogliono riconosciuti consistono essenzialmente nell’affermata “naturalità” della condizione omosessuale.
Ora la presunta “naturalità” di una condizione che contraddice il sesso biologico delle persone presuppone che noi non siamo realmente determinati nel nostro essere dalla nostra condizione sessuale biologica; ma che siamo ciò che sentiamo di essere, indipendentemente dal sesso anatomico di nascita. Se questa visione delle cose debba essere chiamata “teoria del gender” o meno, non ha molta importanza.
Sappiamo che quanti la sostengono stanno cercando in tutti i modi di imporla in ogni ambito della società; considerando discriminatorio chi ad essa si oppone – perché sostiene che è la condizione determinata dal sesso biologico ad essere “naturale” – e accusandolo del “reato” di “omofobia”, cioè del rifiuto della condizione omosessuale come naturale.
Si parla di “reato” perché la pretesa che ad essere “naturale” sia, propriamente e realmente, la condizione umana determinata dal sesso biologico implicherebbe una ingiusta discriminazione; discriminazione nei confronti di quanti si sentono in contraddizione con esso.
Per non cadere in detta discriminazione e reato, perciò, bisogna prendere atto che la persona umana non è un essere biologico-strutturale ben definito fin dall’inizio della sua esistenza. Con diritti e doveri che da questo derivano. Bensì “una identità psichica che può essere o non essere in contraddizione con il suo essere biologico-strutturale proprio. Senza che ciò implichi sostanziale differenza”.
La tendenza sessuale corrispondente al dato biologico; dunque, non sarebbe che una convenzione socio-culturale legata a situazioni e a pregiudizi sociali patriarcali ormai superati.
Abbiamo incontrato Don Massimo Lapponi, sacerdote benedettino dell’Abbazia di Farfa; docente presso la facoltà di filosofia del Pontificio Ateneo di Sant’Anselmo. Egli ritiene che questa visione della vita sessuale umana – che si chiami o meno “teoria del gender” – costituisca una violazione ed una discriminazione dei diritti; non di una minoranza, bensì della maggioranza dell’umanità; in particolare della donna, in quanto naturale procreatrice ed educatrice, insieme al suo partner maschile, della vita umana nascente.
La negazione del fondamentale diritto delle donne ad essere se stesse, cioè esseri femminili; e la contraddittoria pretesa di conferire questo a persone di sesso maschile produce di fatto una lesiva discriminazione dei diritti delle donne di tutto il mondo.
“Come, infatti è stato introdotto il termine “omofobia” per indicare la vera o presunta violazione dei diritti e discriminazione nei confronti di un’identità psichica in contraddizione con l’essere biologico-strutturale proprio, analogamente, e con maggior ragione, va introdotto il termine “ginecofobia” per indicare la violazione dei diritti e la discriminazione nei confronti dell’identità psichica della donna, in quanto inalienabilmente fondata sul suo essere biologico-strutturale innato” (tratto dal “Manifesto del movimento giuridico femminile contro la ginecofobia” di Don Massimo Lapponi e Monica Boccardi).
(continua)
Articolo già pubblicato su La Croce Quotidiano del 12/02/2016