Intervista a Nando Bonini, l’ex chitarrista di Vasco “trasformato da Dio”
Nando Bonini
da chitarrista del mondo a chitarrista di Dio
“Liberi liberi siamo noi”, cantava Vasco Rossi. Per poi chiedersi, “ma liberi da che cosa, chissà cos’è?”. A questa domanda che scruta l’intimità più profonda, una risposta l’ha data Nando Bonini. Con Vasco Rossi, lui, chitarrista assai affermato in Italia e nel mondo, ha condiviso la realizzazione di canzoni e tournée per più di dieci anni. Fino al 1995, quando una proposta di lavoro all’inizio accolta con sarcasmo lo induce presto a cambiare radicalmente prospettive.
Nando Bonini abbandona la sua “vita spericolata” per “lasciarsi trasformare da Dio”. Scende dal palco per intraprendere un percorso di conversione cristiana ancora in atto. Oggi Nando Bonini è membro dell’Ordine francescano secolare; continua a suonare e a produrre musica. Ma lo fa per annunciare il Vangelo.
Abbiamo ascoltato dalla sua viva voce la testimonianza diretta di un uomo coraggioso; un’ex rockstar capace di sfidare il dileggio di molti, di privarsi degli encomi dei fans e della vanagloria del successo. Tutto questo, per raggiungere la meta più alta.
Nando Bonini, quando nasce la tua passione per la musica?
La mia passione per la musica nasce a 6 anni, vedendo in tv un gruppo inglese, attratto dalla forma di una chitarra elettrica che possedeva il chitarrista. Più che passione all’inizio fu un gioco, un divertimento quotidiano che insieme ad altri tre miei coetanei si faceva dopo avere adempiuto agli impegni scolastici. Ci si riuniva a casa di uno o dell’altro e si passava il pomeriggio cercando di ricavare suoni e rieseguire canzoni. Così facendo all’età di 7 anni formavamo il nostro primo gruppo.
Ci chiamavamo I BOA, ma come disse una volta Corrado, il famoso presentatore televisivo che ci stava premiando per avere vinto un concorso musicale, “più che dei boa, me sembrate dei vermicelli”. A 8 anni ci chiamavano alle feste scolastiche per suonare. Insomma, cominciava ad essere passione per la musica, visto anche che portava dei buoni risultati. Quindi l’impegno aumentava e il desiderio di far diventare un mestiere quel gioco iniziale cominciava nell’adolescenza a predominare, fino poi a realizzarsi completamente dai 18 anni in poi.
Nel 1991 inizia la tua collaborazione con Vasco Rossi. Puoi raccontarci cosa conservi di quella esperienza?
Posso dire che è stata una bellissima esperienza professionale, è una delle produzioni più ambite in Italia per chi fa il nostro mestiere. Ci sono arrivato dopo aver partecipato a dischi di altri artisti italiani degli anni ’80, per poi approdare a Bologna e lavorare per la band che si era appena staccata da Vasco; si chiama Steve Rogers Band, che però aveva lo stesso suo produttore.
Finita una tournée con la Steve Rogers Band, mi venne proposto di fare parte della band di Vasco e da lì si cominciò la produzione de “Gli spari sopra” (disco e tour), quello fu l’inizio per me della collaborazione con Vasco, per arrivare poi alla fine nel 2005 con il disco “Buoni o cattivi”. Di questa esperienza ricordo da parte di tutti una grande professionalità. Poi è stata anche motivo di revisione della mia vita ad un certo punto, quando Dio mi ha fatto capire che dovevo cambiare, dovevo staccarmi per il mio bene dal successo e dalla vanagloria che mi avevano incatenato.
C’è un episodio, in particolare, che ti ha cambiato la vita. Di cosa si tratta?
Nel 1996, per la precisione. Accadde che durante uno dei tanti concerti negli stadi, in un backstage, notai il comportamento infimo di alcune persone nei confronti di altre, e vedendo loro ho rivisto me stesso. Ho rivisto Nando che non considerava le persone come persone, ma solo come mezzi per adempiere ai propri vanagloriosi progetti sbagliati. Un pensiero velocissimo mi arrivò nella mente: “Nando, mi fai schifo”.
Da quel momento Dio, a mia insaputa, mi stava già cambiando facendomi riflettere sulla mia vita, su cosa volevo farne della mia esistenza: salvarla o buttarla via.
Quella fu la mia ultima tournée e gli ultimi 3 mesi cercavo di non farmi fregare dalle tante tentazioni che mi avrebbero ancora indotto a buttare via la bellezza vera della vita. Grazie a Dio e a mia moglie Marina, piano piano terminai quel tour quasi salvo. La vera prova arrivò nel ’97, quando un serio problema familiare mi fece aprire gli occhi sulla realtà quotidiana, che non era quella del girare il mondo allegramente, avere tutto quello che vuoi e non prendersi nessuna responsabilità perché tanto c’è chi la prende al posto tuo mentre tu te la spassi. Un problema familiare che grazie a Dio mi abbassò l’ego, finalmente.
Mi ritrovai in ginocchio sotto una pioggia battente nel giardino di casa a gridare interiormente aiuto a Dio, a quel Dio a cui avevo sempre volutamente girato le spalle; e che ora però era la mia sola speranza. Dio vuole bene anche a me e questo grido d’aiuto è stato la mia salvezza. Un piccolo miracolo di Dio e il problema si risolse, un grande miracolo di Dio è stato quello da quel giorno di farmi vivere per Lui, seguendoLo il più possibile per quanto Lui me ne dia la capacità e per quanto io sia capace di impegnarmi a farlo.
Nando Bonini, com’è cambiata la tua vita dall’inizio di questo percorso di conversione?
È cambiata e sta cambiando in continuazione perché ogni momento del cammino di conversione è apprendimento, è rinnovamento, è fatica ma è anche tanta gioia di scoprire come con la fede tante cose si affrontano in modo completamente nuovo. Davvero è come tornare a volte bambini e gioire per le cose che la vita ti offre. Il cambiamento sta nel fatto di dare i veri valori alla tua esistenza e quindi scegliere il percorso sicuro per il fine che ci si prospetta: vivere eternamente nella gioia con Dio. A questo punto dopo avere seguito altre strade, se Dio mi ha fatto tornare sulla sua via che promette solo gioia eterna, sarei davvero folle a persistere su sentieri sbagliati. Dio mi ha promesso una bella vita, io ci credo e la voglio vivere pienamente sin quando sarà il momento.
E Vasco Rossi? Come ha accolto il tuo cambiamento? Siete ancora in contatto?
Non sono più in contatto con nessuno, ma non ci sono motivi particolari, anche altre amicizie di sempre con il tempo si sono perse.
A molti può sembrare paradossale che una rockstar, abituata agli agi del mondo patinato, possa trovare la vera libertà cambiando radicalmente vita per seguire Dio. Cosa ne pensi?
Ripeto quanto detto prima, è questione di dare valore e valori alla propria esistenza. La “bella vita”, magari “spericolata”, sembra bella ma per esperienza dico; porta solo a superficialità ed annientamento del valore primario dell’esistenza, l’Amore. Amore che vuol dire volere bene a te stesso ma anche agli altri; volere bene alle creature di Dio e quindi volere bene a Dio.
La libertà è non essere schiavi del proprio io, che vuole predominare su tutto e tutti. Dio ci lascia liberi di decidere, certo. Ma dobbiamo capire che liberi non vuol dire “faccio quello che voglio” (e mi distruggo). Si è “liberi di farci del bene”.
Il mondo dello spettacolo è davvero permeato di alcol e droga? Sei d’accordo che dietro gli eccessi delle “generazioni di sconvolti” si cela una viscerale disperazione?
Ti posso dire per esperienza che i vizi che quotidianamente ci possono rendere schiavi nella vita ordinaria di ciascuno, nel mondo dello spettacolo trovano maggior terreno di crescita, anzi diciamo che spesso il mondo dello show business propone modelli da seguire attraverso artisti, canzoni, trasmissioni, video, film, libri che in modo subdolo ingannano la mente ed il cuore facendoti credere che più trasgredisci e sei sulla bocca di tutti e più hai potere e successo. Dipende da te, se hai la testa sulle spalle o meno. Io non l’ho avuta. Ma il successo prima o poi si paga molto caro. Per alcuni a prezzo della vita. Per altri a prezzo della integrità mentale e della salute fisica e morale.
Per chi crede, la musica è un dono di Dio. Eppure esiste il rock satanico, esistono i messaggi subliminali nascosti tra le righe di insospettabili brani di successo. Cosa pensi di questi fenomeni? Nella tua carriera ti ci sei mai imbattuto personalmente?
La musica è un mezzo per parlare tra di noi, per comunicare. Anche in questo caso sta in chi la fa rendersi conto che è un talento; per piccolo che sia, da far fruttare nel modo giusto.
Con la musica possiamo farci del male o del bene. Usarla con Sapienza per edificare i cuori e le menti. Oppure usarla con perversa intelligenza per allontanare i cuori e le menti da valori esistenziali importanti.
Personalmente, non ho mai avuto a che fare con certi fenomeni. E posso dire che, anche prima della mia conversione, determinate cose non le approvavo. Detto ciò, le tentazioni in cui sono caduto arrivavano da lui (da Satana, ndr) e da una mia incapacità, a quei tempi, di resistergli senza considerare che l’aiuto di Dio è importante in questo senso.
Per concludere, torniamo alla musica come dono di Dio. Raccontaci dei tuoi concerti-testimonianza, dei tuoi musical e recital cristiani…
Sono anni ormai che il mio lavoro è unificato al mio cammino di conversione quotidiano.
Nasce tutto nel 2000 con l’esigenza di sentire dentro me costantemente la presenza di Dio,
considerato che faccio questo mestiere da tantissimi anni tutti i giorni per diverse ore al giorno.
Trasferire i doni “artistici” che Dio mi ha messo in mano per crescere interiormente e magari
testimoniarlo agli altri è diventato motivo d’impegno. I concerti-testimonianza sono dei concerti rock dove racconto attraverso la musica alcune domande che mi vengono poste nel cammino di conversione che sto affrontando. I musical sono un altro aspetto della testimonianza. Con la compagnia teatrale abbiamo messo in scena storie a tema religioso dove comunque la componente conversione è predominante. Ne abbiamo fatti diversi dal 2002 ad oggi e ancora si continua.
Possiamo dire che questa tua attività ha radici nel 1995, quando ti venne fatta una proposta a quei tempi, per te, alquanto inaspettata?
Sì, diciamo pure che la prima scintilla scattò nel 1995. Mi venne commissionato un musical sulla vita di San Francesco d’Assisi. Inizialmente, preso dal fatto di far parte della band di Vasco e che di lì a poco avremmo tenuto due concerti a San Siro, snobbai la persona che mi fece la proposta (e che ora è un mio caro amico).
Ascoltai comunque le sue idee musicali ma, superbo come ero, dentro di me pensai: “Questo è matto, non farò mai una cosa del genere; io poi, coinvolto in una cosa religiosa.. Mai!!”. Accadde però l’inatteso. Quando questa persona mi chiese se potevo dargli una mano, me lo disse in un modo così semplice e disarmante che, nonostante i miei pensieri negativi, la risposta che uscì da me fu un incerto – ma determinante per il mio futuro – “va bene”.
Così iniziò questo lavoro. Ovviamente, per scrivere la storia del protagonista del musical, San Francesco, dovetti informarmi su di lui. Per farlo, attinsi alle Fonti Francescane e di conseguenza, essendone piene di riferimenti, mi lessi anche il Vangelo.
Tutto poi passò, il musical andò bene; ma io continuavo a preoccuparmi del mio successo personale. Non mi rendevo ancora conto che quelle letture erano il semino che era entrato nel mio cuore; e che più avanti avrebbe cominciato a germogliare.
Federico Cenci – Agenzia Stampa Italia